Quando ci si approccia al mondo del fundraising è importante conoscere bene non solo gli investitori e il supporto che può arrivare da loro, ma anche e soprattutto gli schemi e l’iter di gestione di un contatto tra investitore e founder.
Una delle prime domande che viene in mente al founder è infatti quella relativa alle tempistiche e alle fasi di approfondimento che si troverà davanti e uno dei primi checkpoint dopo gli approfondimenti iniziali è il term sheet, detto anche lettera di intenti o memorandum of understandings (MOU). Si tratta di un documento molto importante che serve per trovare un punto di accordo preliminare che consenta all’investitore di dedicare più tempo e risorse alla valutazione dell’investimento e alla startup di avere già chiare quali saranno le principali clausole da disciplinare poi negli accordi di un investimento. Solitamente il term sheet viene redatto in un primo momento di negoziazione, ossia dopo una prima analisi da parte dell’investitore e di allineamento sulla quota di partecipazione che la società cederà a fronte dell’investimento e in un momento precedente alla negoziazione che conduce alla redazione e stipula di un accordo di investimento definitivo e quindi dell’operazione sul capitale della società oppure alla costituzione della società qualora questa non fosse già avvenuta.
Dal nome stesso si può dedurre che il Term Sheet (quasi fosse un pezzo di carta con un paio di termini riportati) ha una natura preliminare, volta cioè a definire i punti chiave che dovranno poi essere dettagliati, anche a valle delle ulteriori analisi svolte dall’investitore durante la cd. Due Diligence. Proprio per questo motivo, questo documento, pur non essendo vincolante, impegna generalmente la startup in un rapporto di esclusiva con l’investitore, ossia a proseguire la negoziazione soltanto con l’investitore in questione e a mantenere fede a quanto riportato nel “foglio” anche nelle successive fasi di negoziazione, senza tornare su propri passi.. Ciò significa che il term sheet non implica né l’obbligo di firmare l’accordo di investimento né dunque la realizzazione dell’investimento. La sua finalità è quindi quella di avviare una fase di negoziazione successiva e far sedere al tavolo le parti, avendo ridotto il rischio di disallineamento di interessi.
In particolare, il term sheet contiene sia termini economici che di controllo del rischio o della gestione societaria.
Tra i termini economici troviamo sicuramente le modalità di esecuzione dell’investimento e i meccanismi di tutela del ritorno dell’investimento per gli investitori nei diversi casi. Tra questi rientrano:
- l’ammontare del ticket di investimento e la pre-money valuation riconosciuta, quindi la quota di partecipazione che verrà acquisita dall’investitore;
- i dettagli sulle modalità di esecuzione che possono essere molteplici, dal semplice aumento di capitale al finanziamento convertibile oppure altre forme di strumenti finanziari, anche prevedendo l’articolazione in più tranche collegate a delle milestone;
- i diritti di liquidation preference o di antidilution per preservare il valore atteso dall’exit.
I termini di controllo fanno invece riferimento ai diritti di voto dei soci e alle modalità di controllo esercitate dagli investitori sulla società. Tra questi rientrano:
- la governance della società nella fase successiva all’investimento: solitamente gli investitori si riservano dei posti in CdA;
- gli obblighi dei soci fondatori: se da un lato l’investitore inserisce cassa e più o meno supporto, dall’altro i soci fondatori danno il loro impegno a portare avanti il progetto, quindi è essenziale specificare il livello di commitment che può tradursi in una determinazione del tempo lavorato, un obbligo di non abbandonare la startup senza motivo prima di un certo periodo (lock-up e bad leaver), un obbligo di riservatezza o un obbligo di non concorrenza;
- le materie riservate: l’investitore indica in genere una serie di materie sulle quali è necessario il suo consenso per andare avanti, inserendole poi nel dettaglio dei patti parasociali, instaurando dei meccanismi di veto, come visto nel blog post sul CdA e sui diritti di veto;
- il diritto di trascinamento, cosiddetto drag along, pensato per non bloccare una operazione di exit qualora il socio che ha questo diritto (tipicamente l’investitore) abbia trovato un acquirente che non si accontenta della sua quota ma vorrebbe tutta la società. Con questo diritto il titolare può obbligare gli altri soci, trascinandoli nella transazione e facendo vendere le loro quote, alle stesse condizioni e prezzi da lui negoziate;
- il diritto di co-vendita, anche detto tag along, che dà il diritto, generalmente ai soci di minoranza di vendere la propria quota societaria ad un terzo, nel caso in cui un altro socio, tipicamente di maggioranza, abbia trovato un acquirente per le proprie quote.;
- i diritti di informativa a favore dell’investitore rappresentano il diritto di quest’ultimo di richiedere alla società le informazioni sull’andamento del business e sulla situazione finanziaria, in modo da monitorare l’investimento da loro effettuato.
Pur non essendo vincolante, il Term Sheet rappresenta un punto rilevante nel dialogo tra investitore e startup/founder perché pone le basi per una analisi veramente approfondita e consente all’investitore di concentrarsi su quella opportunità di investimento, avviando una serie di attività di approfondimento che portano con loro costi e tempi variabili a seconda della startup e del suo stadio di avanzamento ma comunque rilevanti.
Sicuramente arrivare alla firma di un term sheet rappresenta un bel passo verso la chiusura del round ma non è già un successo. Le interazioni tra investitore e founder/s possono allungarsi in base alla quantità e qualità delle informazioni scambiate e incidere pesantemente sull’effettiva realizzazione dell’operazione.
Arrivare preparati e sapere cosa aspettarsi in questa fase renderà anche le successive molto più snelle ed agevoli, evitando perdite di tempo inutili e dannose per entrambe le parti.