Sono oltre 12mila in Italia e in continua crescita, costituiscono il 3,3% di tutte le società di capitali di recente costituzione (dati MISE) e rispondono a specifici requisiti per startup, da conoscere bene se si è intenzionati ad entrare a far parte di questo ecosistema che, proprio in occasione dell’emergenza sanitaria, ha saputo dimostrare resilienza e voglia di crescere. Dall’indagine condotta da VC Hub Italia e EY a luglio scorso, emerge chiaramente che l’universo delle startup ha resistito alla crisi, il 58% ha aumentato il personale, il 32% ha registrato un aumento della domanda e il 27% una crescita dei ricavi. Quanto a investimenti, nel 2020 sono stati pari a 683 milioni di euro e nel 2021 si prevede un periodo di consolidamento.
Al di là dei trend indicati dall’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano e fortemente segnati dal Covid-19 (sicurezza informatica, Big data, eCommerce, smart working) il mercato si mostra sempre più “affamato” di nuove soluzioni tecnologiche basate ad esempio su intelligenza artificiale, machine learning, realtà virtuale e aumentata, ora che ha toccato con mano quanto possano essere preziose alleate nella gestione dell’incertezza.
Perché una startup è una startup
Se si desidera lanciare sul mercato la propria soluzione tecnologica, è importante avere in mente con chiarezza a quali requisiti una startup deve rispondere per essere giudicata tale. Prima di affrontare quelli più tecnici, va chiarito lo spirito che deve animare ogni startupper, che sia alle prime armi o seriale. Dietro ad un’idea imprenditoriale che voglia rientrare in questa categoria devono esserci due concetti base quali la transitorietà, da piccola startup a grande impresa, e la sperimentazione, perché servirà mettere in conto anche dei fallimenti prima di prendere il volo. Quanto al business model, anche se probabilmente si evolverà nel tempo, esso deve essere da subito scalabile facendo leva su processi ripetibili
Nonostante ci sia chi ritiene “startup” una buzzword, l’assegnare a questo tipo di realtà un nome è stato un passo importante a cui è seguito, anche in Italia, un riconoscimento ufficiale finalizzato a distinguere dalla massa quelle imprese non solo rispondenti a questi primi requisiti da startup ma anche caratterizzate da un alto tasso di innovazione e spesso con una soluzione tecnologica tra le mani, pronta da far fruttare. La legge n.221 è del 2012, resterà nota come “Startup Act”: contiene “misure urgenti per la crescita del Paese”, riconosce il valore delle startup innovative e prevede numerosi vantaggi fiscali a cui però si può accedere solo ad alcune precise condizioni.
Requisiti startup innovative: R&D, competenze e brevetti
È proprio in questa stessa legge che si possono trovare anche i requisiti obbligatori per essere definiti una startup innovativa, riguardanti età, sede, utili e forma societaria, facilmente reperibili on line.
Ma per dimostrare di essere davvero una startup ad alto valore tecnologico e innovativo e quindi usufruire delle agevolazioni e degli sgravi fiscali previsti, è necessario soddisfare anche almeno uno dei seguenti 3 requisiti addizionali che entrano nel merito della vera natura di una giovane impresa:
- spese in ricerca e sviluppo: devono essere almeno il 15% del maggior valore tra costo e valore totale della produzione
- personale: per una certa quota deve possedere titoli di dottorato di ricerca o laurea magistrale
- brevetto industriale: riguardante un’invenzione innovativa funzionale all’oggetto sociale
Per dimostrare di essere davvero Tech e presentarsi a testa alta come startup innovative a investitori, futuri partner e clienti, è necessario rispondere ad altri due requisiti che la legge del 2012 non prevede ma il mercato del 2021 sì: il Team e il Timing.
Il gruppo di lavoro, seppur non troppo numeroso, devo dimostrarsi subito coeso e variegato. Ottimo se composto da profili con skills differenti e complementari ma soprattutto se è in grado di tener duro sotto pressione e non crollare nei momenti di fallimento e smarrimento (perché ce ne saranno tanti): solo adottando una buona comunicazione e coltivando specifiche abitudini se ne esce vincenti. In quanto al timing, ovvero all’idea giusta al momento giusto, che può suonare come una chimera, è bene adottare un approccio più pragmatico considerando il rapporto fra i bisogni del mercato e le tecnologie e focalizzandosi proprio su queste ultime, perché, una volta sviluppate, potrebbero col tempo tornare utili anche per risolvere altri bisogni prima non considerati, assicurando lunga vita all’impresa appena lanciata. Tra i trend più promettenti oggi ci sono l’intelligenza artificiale, la VR (virtual reality) e l’AR (augmented reality).
Come un investitore seed capital può far decollare soluzioni tecnologiche promettenti
Fare da soli è molto attraente ma non è consigliabile. Pur investendo tutti i propri sforzi nel lancio di una soluzione fortemente basata su una tecnologia innovativa e disruptive e rispondendo ai requisiti da startup innovativa visti finora, muoversi da soli e con capitale ridotto è difficile in un mercato altamente competitivo e globale come quello attuale. La svolta può essere rappresentata dall’entrata in gioco di un investitore seed che finanzi lo sviluppo della tecnologia così da raggiungere quel livello di maturità necessaria per trasformarsi in una idea realizzata. Lo stesso seed capital, se specializzato nella tecnologia su cui si sta investendo il proprio talento, potrà essere una valida guida nella scelta del migliore percorso di crescita, ad esempio suggerendo e finanziando il migliore programma di incubazione o accelerazione e, anche se solo in un secondo momento, facilitando con la propria presenza nel capitale e con credibilità ulteriori opportunità di finanziamento nei successivi round.